Gamma
Uno sceneggiato in quattro puntate,diretto nel 1975 da Salvatore Nocita già regista in “Dimenticare Lisa” e “Ligabue”,con Giulio Brogi,già interprete dell”Eneide” e con Laura Belli vista nel bellissimo “Lungo il Fiume e sull’Acqua”.Storia molto avveniristica e affascinante,un mix incalzante di fantascienza e realtà,capace di mescolare intelligentemente le prossime conquiste con le utopie del presente,descrivendo un mondo di calcolatori decisionali e di visualizzatori di ricordi rendendo così possibile ciò che oggi è ancora fantasia,toccando argomenti forti e aprendo molti interrogativi.Gamma è la lettera greca che il calcolatore sceglie per il cervello da trapiantare allo sfortunato pilota automobilistico Jean,vittima di un incidente in pista e tutto questo si intreccia con l’esecuzione di un certo Daniel,la cui sorella Nicole è moglie di Jean,eseguita in precedenza per una condanna di omicidio.Al risveglio dopo il trapianto Jean non ricorda nulla,ha inizio dunque la necessaria riabilitazione ma il suo comportamento strada facendo è alquanto strano,non è più lo stesso,si interessa alla fidanzata di Daniel di nome Marianne e arriva a ucciderla apparentemente senza un reale motivo.Dichiaratosi colpevole fin da subito la vicenda sembra finita lì ma dietro si scopre un retroscena di vendetta e di rancore in quanto Daniel,il condannato a morte,aveva commesso l’omicidio che lo porterà alla pena di morte sotto l’influenza della droga procuratagli dalla fidanzata Marianne e da qui l’origine di tutta la vicenda,con la rabbia della madre e la sua volontà di vendicare il figlio agendo sul cervello del trapiantato Jean.Veramente bello questo soggetto,più che mai attuale ai giorni nostri,in quanto il trapianto del cervello è ancora tabù proprio perché al suo interno c’è la nostra vita,i nostri ricordi,quello che siamo e che siamo stati e non sapremo mai come potremmo uscire da un intervento simile,quanto vulnerabili potremmo diventare.Una vicenda appassionante da rivivere e rivedere,il tempo per questa storia sembra non essere passato e la sua forza rimane quella di catapultare con decisione lo spettatore direttamente in un futuro ancora tutto da scrivere. (7/4/2014)
A come Andromeda
Nel lontano 1972,tratto da un romanzo di Fred Hoyle e John Elliot,la RAI trasmetteva in cinque puntate uno dei suoi sceneggiati più famosi di sempre,capace di incollare al canale nazionale la quasi totalità degli spettatori dell’epoca e che verrà ricordato negli anni come uno dei più affascinanti.”A come Andromeda” diretto da Vittorio Cottafavi,ricordiamolo regista de “I Racconti di Padre Brown”,si svolge in un ipotetico futuro dove il più potente radiotelescopio del mondo appena inaugurato capta segnali da altri mondi che portano alla costruzione di un supercalcolatore misterioso e tutto da decifrare.L’interesse di tutto il mondo per questa scoperta è enorme e si fronteggiano,per difenderla da scopi poco nobili,sia gli scienziati addetti alla codifica dei messaggi sia il relativo controspionaggio inglese di stato oltre a una misteriosa organizzazione chiamata Intel,proprio come la famosa azienda americana che però allora non esisteva,proposta qui nella parte del cattivo di turno.Questo supercalcolatore porta alla creazione di un essere vivente donna chiamato appunto Andromeda,dal nome della costellazione omonima origine dei messaggi,un essere alieno estremamente intelligente e dagli enormi poteri che scatenano inevitabilmente lotte efferate per cercare di sfruttarli a proprio uso e consumo e come logica suggerisce gli eventi a poco a poco diventano ingestibili regalando situazioni nefaste e distruttive.Con un cast di prim’ordine,Luigi Vannucchi,Paola Pitagora e una straordinaria Nicoletta Rizzi nella parte di Andromeda-era stata contattata per questo ruolo la cantante Patty Pravo in effetti molto somigliante con la protagonista-la storia riflette sulla impossibilità per noi umani di gestire esseri e realtà lontane da noi a causa soprattutto del nostro egoismo e della nostra incapacità di rendere disponibile per il bene universale dell’intera umanità eventuali ricchezze e doni provenienti da altri mondi.Dopo aver vissuto e assaporato la vicenda pensiamo e riflettiamo a quanto utile poteva essere Andromeda per il mondo intero e se l’umanità di oggi sarebbe matura per gestire un simile evento,probabilmente il tutto finirebbe come rappresentato nello sceneggiato in quanto il mondo poco è cambiato in quel senso. (21/4/2014)
ESP
Era il giugno 1973 quando la RAI nel suo programma nazionale trasmetteva con l’abile regia di Daniele D’Anza,ricordiamo di lui la regia di “Melissa” “Giocando a Golf una Mattina” e “Il Segno del Comando”,questo sceneggiato in quattro puntate ispirato al veggente Gerard Croiset nato nel 1909 a Laren in Olanda,probabilmente un predestinato che già da piccolo inizia ad avere delle visioni,a otto anni scivola in un canale,rischia la vita,si salverà per miracolo e probabilmente questo sarà l’episodio che svilupperà in lui una particolare sensibilità nel ricercare bambini scomparsi o caduti nei pressi di corsi d’acqua.Ma sarà solo intorno a trent’anni che avrà fama internazionale,quando per volere di un professore esperto in materia si sottoporrà a numerosi test che eleggeranno Croiset come il sensitivo e il telepatico per eccellenza,esprimendo la maggior parte dei fenomeni inclusi nella sigla internazionale “ESP” cioè “Extra Sensorial Perceptions”,percezioni estra sensoriali,cioè di fatto tutto quello che esula dalla normalità e dalle nostre comuni possibilità.Nel corso della sua vita riuscirà a far luce su un numero elevato di casi soprattutto relativi a persone scomparse e in tutto il mondo si parlerà di lui come di una persona dai grandi poteri di chiaroveggenza.Il grande Paolo Stoppa ne riprende la figura,in questo omaggio alla sua storia,regalandoci una recitazione bellissima e mai fuori dalle righe,rispecchiando il carattere tranquillo bonario,a volte pure incredulo verso se stesso,del personaggio Croiset.Un ottimo sceneggiato assolutamente da rivedere,un genere questo che non è mai passato di moda tanto che periodicamente sono molti i film che ne riprendono in qualche modo l’argomento,uno dei più belli “Hereafter” diretto da Clint Eastwood nel 2010. (23/6/2014)
Lungo il Fiume e sull’Acqua
Risale al gennaio 1973 la programmazione di questo sceneggiato,in cinque puntate,tratto da una delle innumerevoli opere dello scrittore inglese Francis Durbridge,forse uno dei più belli,adattato per l’occasione splendidamente da Biagio Proietti per la RAI e diretto in maniera egregia dal regista di origine teatrale,successivamente passato al cinema e poi alla fiction,Alberto Negrin,ricordiamo di lui “Il Segreto del Sahara”,”Perlasca” e per il cinema il bel giallo del 1978 “Enigma Rosso”.Come spesso accade nei gialli di Durbridge l’ambientazione rimane l’Inghilterra e questo andava a nozze con la tendenza chic dell’epoca di ambientare le vicende fuori dai confini nazionali.Qui ci troviamo nella periferia di Londra,lungo il Tamigi,dove all’interno di una casa-battello viene ritrovato ucciso uno scienziato italiano.Nella tranquilla piccola cittadina di Hampton sono sospettati dell’evento diversi personaggi anche se il professore universitario Henderson,un ottimo Sergio Fantoni,è l’indiziato numero uno sia per una chiara testimonianza contro di lui sia per la sua reticenza a rispondere alle domande della polizia visto che le sue bugie piano piano vengono tutte a galla.Incaricato del caso l’ispettore Ford,un immenso Giampiero Albertini,uno che fa la voce grossa ma che poi alla fine è un gran bonaccione e sopporta con molta pazienza le innumerevoli falsità del professore visto che è anche l’insegnante del figlio Roger,un giovanissimo Daniele Formica,che gli è molto affezionato.Ma non tutto è come sembra e con il passare dei giorni e delle puntate tutto viene piano piano alla luce,nel contesto di una trama difficile anche da memorizzare una delle più complicate di Durbridge.I colpi di scena non mancano,bisogna attendere gli ultimi minuti per sbrogliare un incasinato intrigo internazionale riguardo a una importante scoperta scientifica,i suoi possibili brevetti e i suoi logici spionaggi industriali,con due differenti fazioni a contendersi il tutto,facendo rimanere tutti a bocca aperta.Un ottimo sceneggiato capace di incollare allo schermo venti milioni di telespettatori dell’epoca e che oltre ai citati attori deve il suo fascino anche alle interpreti femminili,Laura Belli,Nicoletta Machiavelli,Elena Cotta e alla fine della vicenda anche la presenza dell’eterea Nicoletta Rizzi,già vista in “A come Andromeda”,completando così un ottimo cast.Nota e menzione speciale per la sigla musicale,la bellissima “Vincent” di Don McLean dall’album “American Pie” del 1971,dedicata all’opera di Van Gogh “Starry Night-Notte Stellata”,poetica,suggestiva e ammaliante regina della Hit Parade italiana di quel periodo. (8/9/2014)
Coralba
L’artista Rossano Brazzi,scomparso nel 1994 a settantotto anni,è stato uno degli attori più popolari in Italia negli anni 50/60 varcando anche le porte del cinema americano e interpretando nel corso della sua vita un centinaio di film in Italia e all’estero.Nel 1966 ottenne un enorme successo con lo sceneggiato “Melissa”,un adattamento televisivo di un romanzo giallo di Francis Durbridge,sotto la regia di Daniele D’Anza.La formula viene in parte ripetuta nel 1970 con lo sceneggiato “Coralba” che però a differenza del precedente deriva da un soggetto scritto dall’italiano Biagio Proietti che ne curò anche la sceneggiatura in collaborazione con lo stesso regista Daniele D’Anza.Stessa natura del titolo,un nome femminile,ma questa volta con un piccolo ingegnoso trucco e cioè che Coralba non è il nome di una donna ma di un farmaco che risulta alla base di tutta la vicenda.Tutto parte dal dott. Danon/Brazzi che in Italia incappa in un infortunio professionale,la morte di un bambino causata sembra da quel medicinale e ovviamente il dottore deve cambiare aria,provare dunque a rifarsi una carriera all’estero.Sceglie Amburgo,si sposa con una giovane donna e entra in una società farmaceutica e con la collaborazione di un socio avvocato e di un bravo dottore di laboratorio riesce a risollevarsi e ad acquisire via via sempre più forza nella società stessa,tutto ciò grazie ai soldi guadagnati col farmaco Coralba diventato nel frattempo un prodotto di successo.Storia a lieto fine e quadro idilliaco se non fosse per una serie di ricatti a cui va incontro,purtroppo riguardanti la vecchia questione italiana e la vicenda fatta di tradimenti,omicidi,rivelazioni familiari scioccanti,scorre via così fino ad arrivare al finale,un vero e proprio colpo di scena,dopo cinque avvincenti puntate,con il povero Danon che viene oltre tutto anche accusato della morte della moglie e faticherà non poco a dimostrare la sua innocenza e a smascherare chi gli voleva male e perchè.Molto bello questo sceneggiato,uno dei migliori di casa Rai che vede oltre Rossano Brazzi un Glauco Mauri perfetto nella parte del commissario buono e umano in contrapposizione al suo collega tedesco,freddo e cinico,più legato alle prove che strada facendo sembrano ricadere tutte sul povero dottore.Completa il cast una giovane e bella Mita Medici e Venantino Venantini nella parte del dottor Bauer,principale artefice nel bene e nel male della vicenda,assieme al socio avvocato che si inserisce nella vicenda in un secondo momento,comunque sempre con propositi piuttosto ambigui.Grande importanza come in tutti gli sceneggiati dell’epoca riveste la sigla musicale di chiusura e questa volta tocca a Frank Sinatra che con la sua “Goin’ Out of my Head”,sconosciuta fino a quel momento in Italia,scala inevitabilmente la nostra classifica. (17/2/2015)
Giocando a Golf una Mattina
Un affascinante bianco e nero raffigurante Londra alla fine degli anni sessanta con le sue tipiche guardie,le sue belle ragazze in minigonna,prelude ai titoli iniziali con una voce che introduce lo sceneggiato a ricordare che il soggetto in questione proviene da un’opera di Francis Durbridge.Così inizia “Giocando a Golf una Mattina”,un bellissimo sceneggiato in sei puntate trasmesso dal programma nazionale della RAI dal settembre all’ottobre del 1969 e diretto da colui che diventerà a breve uno specialista del genere cioè Daniele D’Anza che iniziò nel 1963 con “Paura per Janet” proseguendo poi con il successo di “Melissa” del 1966,sempre e comunque opere di Durbridge,un’inesauribile penna inglese che la RAI sfruttò per molti altri anni a venire.In questo sceneggiato è presente una coppia di attori davvero speciale,un bravissimo Luigi Vannucchi nella parte di un ispettore di polizia trasferitosi a Londra dove vive il fratello,un famoso giocatore di tennis e di golf a livello mondiale e un ottimo Aroldo Tieri anche lui ispettore,nella vicenda grande amico di Vannucchi e principale autore del suo trasferimento.Il nuovo poliziotto non fa in tempo a prendere servizio che suo fratello viene rinvenuto morto su un campo di golf dove stava allenandosi,apparentemente una stupida disgrazia,ma non affatto convinto della rapida conclusione della vicenda dovrà faticare non poco per convincere il suo capo,una figura davvero indisponente e viscida,che si tratta invece di omicidio,con il suo collega Tieri che dopo un primo tentennamento si convince anche lui di quell’ipotesi.Da qui si dipana una vicenda piuttosto complicata,in perfetto stile Durbridge,che vedrà uccisioni a catena via via che si va a scavare ulteriormente nella storia,fino ad arrivare al misterioso,in questo caso davvero difficile da individuare,capo di una ipotetica organizzazione criminale internazionale intenta a carpire con ogni mezzo importanti segreti militari.Il povero campione di golf risultava essere solo una pedina assoldata per denaro nell’intrigo internazionale,in qualità di persona nota quindi insospettabile,ma poi eliminato quando aveva capito il triste sottobosco.Tra microfilm nascosti,telefonate strane,lettere misteriose e naturalmente omicidi a raffica,si sviluppano le avvincenti e appassionanti puntate condite anche dalla presenza di bellissime donne,spiccano su tutte Marina Berti e Luisella Boni,già moglie del regista D’Anza,che danno un ulteriore tocco di fascino all’intera vicenda che rimane una delle più belle di Durbridge insieme a “Lungo il Fiume e sull’Acqua” del 1973.Leggermente sottotono la sigla finale,spesso destinata a diventare un successo di classifica ma purtroppo non in questo caso,con “L’Impermeabile Bianco” cantata da Paola Orlandi dedicata all’ispettore Vannucchi che nello sceneggiato indossa spesso questo capo di abbigliamento. (4/6/2015)
Un certo Harry Brent
Francis Durbridge,scrittore e sceneggiatore londinese,iniziò a lavorare per la radio inglese nel lontano 1933 quando propose alcuni suoi lavori alla BBC ma il suo periodo d’oro riguarda gli anni 60/70 quando scrisse molte sceneggiature destinate a diventare famosi episodi TV,oltre che in Inghilterra anche nel resto d’Europa,soprattutto in Germania.Molte di queste si trasformarono in romanzi tradotti in molte lingue e fu allora che la RAI acquistò dalla stessa BBC alcuni suoi soggetti destinati a diventare sceneggiati,affidandone l’adattamento prima a Daniele D’Anza poi a Silverio Blasi e soprattutto a Biagio Proietti,per un totale di dieci opere andate in onda tra il 1963 e il 1980.Si inserisce a metà strada,era il novembre 1970,questo capolavoro di Durbridge,uno dei più belli per me assieme a “Giocando a Golf una Mattina” e “Lungo il Fiume e sull’Acqua”,cucito nella versione italiana a misura sulla figura di un nostro popolare personaggio di successo di allora che era il grandissimo Alberto Lupo.Su di lui ruota l’intera vicenda che si svolge per lo più in una località inglese del Kent chiamata Sevenoaks con alcuni esterni girati a Londra ed è lui l’Harry Brent del titolo,un semplice titolare di un’agenzia di viaggi della capitale inglese e fidanzato con una impiegata di una importante fabbrica del paese sopra citato.Ma non tutto è quel che sembra e i colpi di scena si susseguono,a partire dall’omicidio apparentemente inspiegabile del proprietario della fabbrica fino al personaggio Harry Brent che a un certo punto si sdoppia in due figure ben distinte creando allo stesso tempo incredulità e stupore.Spesso nelle opere di Durbridge si ritrovano spie e organizzazioni misteriose che si contrappongono principalmente per venire in possesso di segreti,microfilm o scoperte che potrebbero cambiare il corso del mondo e anche qui tutto viene rispettato tra identità segrete,omicidi,avvelenamenti oltre a donne fatali e relazioni extraconiugali al limite del proibito per quell’epoca.Alla fine il misterioso “Mister X” viene catturato,ma credetemi per tutte le puntate lo abbiamo davanti a noi ma nulla fa mai pensare che un essere così banale possa essere a capo di una grande società segreta ed è qui il grande valore dell’autore inglese capace di confezionare storie complicate,intriganti e capaci di ottimi colpi di scena.Davvero originale nella sigla iniziale delle puntate l’appello non tanto degli interpreti originali ma dei loro personaggi e veramente da brivido le bellezze femminili presenti tra le quali Stefanella Giovannini,Claudia Giannotti e Valeria Fabrizi come bellissima fu la scelta della sigla musicale,quella “Roots of Oak” di Donovan dall’album “Open Road” datato 1970,vendutissima per l’occasione che con la sua atmosfera ci fa entrare a gamba tesa nell’originale e affascinante vicenda. (3/11/2015)
Dov’è Anna
Sarebbe stato un caso da trattare nella trasmissione RAI “Chi l’ha visto?” il soggetto di questo bellissimo sceneggiato in sette puntate trasmesso nel lontano 1976 e che ha tenuto col fiato sospeso buona parte dell’Italia dell’epoca con i suoi milioni e milioni di telespettatori interessati alla vicenda di questa modesta impiegata di nome Anna,una convincente Teresa Ricci,sposata da tre anni con Carlo un venditore di libri,un ottimo Mariano Rigillo,che una giornata di dicembre scompare nel nulla dopo un’uscita anticipata dal lavoro.Le sue ricerche non porteranno in pratica a nulla di concreto,motivo per il quale dopo alcuni mesi il commissario Bramante,un eterno Pier Paolo Capponi,è costretto ad archiviare il caso come non risolto.Ma il marito,anche accusato dell’omicidio della moglie a causa di una falsa lettera anonima,non demorde e continuerà a cercarla insistentemente aiutato dall’amica Paola,una collega di lavoro della stessa Anna,una bellissima e affascinante Scilla Gabel,già moglie del regista dello sceneggiato Piero Schivazappa.Alla fine per il marito più che sapere che fine abbia fatto la moglie risulterà più importante sapere chi lei era veramente,con il grosso timore di non averla mai capita,scoprirà il suo nascosto desiderio di adottare un bimbo non potendone avere oltre al fatto di aver sposato un uomo di cui forse non era pienamente innamorata avendo addosso il ricordo eterno del suo primo amore Guido,un dramma per lui aver vissuto per anni con una persona senza averla veramente conosciuta.Tra ricatti,tradimenti,omicidi,scambi di persona,istituti per orfani dalle finalità molto dubbie,complotti,truffe,polizze assicurative milionarie si sviluppa la vicenda,tratta da un solido soggetto di Diana Crispo e Biagio Proietti,già autore tra gli altri del famoso “Coralba”,davvero appassionante e che fino all’ultimo non svela cosa sia veramente successo ad Anna.Lo sceneggiato riesce a incollare gli spettatori allo schermo per tutte le puntate e questo è davvero un magico esempio del fatto che anche in Italia si poteva scrivere storie intriganti contro la tendenza di allora che preferiva scrittori esteri come ad esempio il sicuro e collaudato Durbridge.Girato prevalentemente a Roma la storia trova spazio anche a Firenze,Arezzo e Madrid dove si svolge il colpo di scena finale inaspettato che emoziona ancora oggi.L’ultima nota a favore per l’ottima colonna sonora tipica degli sceneggiati RAI,composta dal grande musicista Stelvio Cipriani,che rimarrà a lungo nella nostra Hit Parade di quel periodo e che ci accompagna per tutte le puntate,una musica molto nostalgica e malinconica come indica il tema della misteriosa e complicata vicenda. (25/4/2016)
Dimenticare Lisa
Era il 1963 quando la RAI mandava in onda sul secondo canale “La Sciarpa” il primo giallo tratto dalle opere dello scrittore inglese Francis Durbridge e da allora per la nostra televisione nazionale iniziò un sodalizio con l’autore che durerà fino alla fine degli anni settanta con “Traffico d’Armi nel Golfo” del 1977 e “Poco a Poco” del 1980.Nel mezzo di tutto questo periodo ci sono i grandissimi sceneggiati di successo tratti dalle sue opere,basti pensare a “Giocando a Golf una Mattina”,”Lungo il Fiume e sull’Acqua”,”Un Certo Harry Brent” oltre a “Melissa” e “Come un Uragano”.Siamo nel 1976,l’ultimo periodo dello scrittore inglese per la RAI e questo “Dimenticare Lisa” in tre puntate affidato alla regia di Salvatore Nocita,l’anno successivo firmerà “Ligabue”,affronta una squallida storia di ricatti che si svolge prevalentemente a Napoli e dintorni con riferimenti alla Germania e all’America.L’antiquario inglese Peter Goodrich,un inossidabile Ugo Pagliai,non rimane insensibile al fascino di una donna americana,tale Lisa Carter,incontrata prima in aereo e poi in città,essendo la stessa in vacanza per visitare un amico di famiglia ma soprattutto per dimenticare la recente morte del marito avvenuta durante una navigazione dall’America all’Italia in circostanze misteriose.L’antiquario se ne innamora e dedica tutte le sue energie per cercare di rivederla visto che a un certo punto come per incanto sparisce.Con l’aiuto di suo fratello,un famoso musicista del luogo,si catapulterà in una vicenda più grande di lui fatta di ambigui e misteriosi servizi segreti,fotografi e giornalisti disposti a tutto oltre a bambole di pezza che preannunciano morti imminenti e alla fine scoprirà che tutto ruota attorno ad alcuni documenti scottanti trafugati dal marito dell’americana al governo americano proprio per ricattare i diretti interessati.Napoli risulta proprio il posto dove gli attori dell’intrigo internazionale dovrebbero incontrarsi per scambiarsi i documenti e il denaro pattuito,ma due di loro muoiono anticipatamente e uno di loro è proprio il marito della Carter.Scoprire dunque il terzo personaggio,nome in codice George Delta,sarà lo scopo sia dei servizi segreti americani sia della polizia locale,visto che nel frattempo gli omicidi si sprecano,fino al consueto colpo di scena finale che questa volta è un po’ meno colpo del solito in quanto parte della verità era già chiara durante le puntate.Chiudere la bocca a quelli che sono venuti a contatto con i preziosi documenti,potenziali futuri ricattatori,diventa l’obiettivo primario degli interessati con la scusa dell’interesse nazionale e governativo che prevale come sempre su tutto.Sceneggiato da riscoprire,ben recitato,con la partecipazione di una bella Marilù Tolo nella parte della misteriosa Lisa e un Sergio Rossi perfetto nella parte del colonnello americano dei Servizi Segreti oltre a Carlo Enrici nella parte del fratello musicista che mantiene la giusta dose di ambiguità per tutta la durata dello sceneggiato.Le musiche composte e curate da Pino Calvi sono belle ma da ricordare è la sigla finale,la bellissima e struggente “I Only Have Eyes for You” cantata dalla voce eterna e inconfondibile di Art Garfunkel. (16/8/2016)
Come un Uragano
Il genovese Alberto Zoboli in arte Alberto Lupo,un grande della televisione ma anche del teatro e dalla voce inconfondibile,ci deliziò nel 1970 con lo sceneggiato “Un certo Harry Brent” tratto tanto per cambiare dalla penna dell’inglese Francis Durbridge e visto il grande successo la RAI decise di riprovarci nel 1971 questa volta però imponendo a Lupo una veste abbastanza diversa dalla precedente,la parte di un ispettore di polizia di Scotland Yard inviato a Allenbury,una piccola cittadina immaginaria nei pressi di Londra,per indagare su un presunto giro di scommesse illecite aventi come riferimento il nuovo ippodromo di proprietà di un potente personaggio del luogo.Così inizia “Come Un Uragano”,sceneggiato in cinque puntate diretto dall’ottimo Silverio Blasi e da vedere sapendo che le trame di Durbridge non possono che affascinare,così intense nel loro svolgimento,con il principio dello scrittore del “tutti un po’ colpevoli” e nessuno che viene mai assolto in pieno dalle proprie responsabilità.Il titolo prende spunto da una frase d’amore che uno dei personaggi dedica a una donna,una certa Diana,che sarà alla fine determinante per arrivare a capo della vicenda cioè smascherare il capo dell’organizzazione che muove il giro delle scommesse clandestine e non solo in quel luogo ma nel mondo intero.Insomma c’è tutto ciò che serve per intrigare lo spettatore,belle donne,tradimenti,omicidi,importanti segreti,il tutto al seguito di attori importanti come Corrado Pani,Renzo Montagnani qui in una veste seria e impegnata,mentre tra le interpreti femminili spicca una giovane Delia Boccardo che alla fine degli anni novanta e della sua carriera ritroveremo nella serie TV per la RAI “Incantesimo” oltre ad Adriana Asti e una sempreverde per l’epoca Mariolina Bovo.Le musiche affascinanti quanto basta per accompagnare l’intera vicenda sono del maestro Bruno Nicolai,già collaboratore storico di Ennio Morricone,mentre la sigla finale questa volta non è nulla di eccezionale,si basa sulla stessa Diana della vicenda ed è cantata da un semi-sconosciuto David King. (25/4/2017)
Melissa
“Melissa” è uno sceneggiato RAI,trasmesso in sei puntate dal novembre al dicembre 1966,per la regia del navigato Daniele D’Anza che in seguito dirigerà molte altre serie tv tra le quali “Giocando a Golf una Mattina” del 1969,”Coralba” del 1970,”Il Segno del Comando” del 1971,tutte di grandissimo successo.Un soggetto nato dalla inesauribile fantasia del grande scrittore inglese Francis Durbridge da cui furono tratti,a cavallo dei 60/70,molti altri sceneggiati tutti bellissimi come soggetto,sceneggiatura,complessità delle storie,tutti con la caratteristica della scoperta dell’assassino o di colui che tira le fila della vicenda sempre molto difficile e quasi impossibile da identificare fino all’ultima puntata.”Melissa” non sfugge a questo schema e mette in scena una vicenda londinese dove una donna,la Melissa del titolo,sposata con un giornalista disoccupato,trova la morte strangolata in un parco e interpretati rispettivamente dalla brava Esmeralda Ruspoli e l’ottimo Rossano Brazzi,attore allora molto conosciuto anche all’estero e uno dei fiori all’occhiello della recitazione italiana.Tutta la responsabilità del terribile fatto sembra convergere sul marito ma l’astuto ispettore di polizia,interpretato da un bravissimo Turi Ferro,non crede molto a questa ipotesi soprattutto perchè troppi individui,spingono in questa direzione con un fare piuttosto sospetto,ipotizzando una sorta di complotto ai danni dell’uomo che viene fatto passare per malato o addirittura pazzo,probabilmente per coprire altre losche faccende che nel corso delle puntate,rispettando in pieno lo stile Durbridge,verranno alla luce.Così altri omicidi seguiranno,fino al gran finale dove l’ispettore,elaborando una sua teoria piuttosto rischiosa come afferma lui stesso,metterà a confronto tutti i sospettati attendendo la mossa che inevitabilmente tradirà il colpevole.Tra gli interpreti si segnalano Massimo Serato nella parte di un ambiguo pilota automobilistico con la passione per le donne,Franco Volpi nella parte di un neurologo costretto a mentire per sostenere un gioco più grande di lui,Aroldo Tieri un appassionato di antichità apparentemente mantenuto dalla moglie e una fotogenica Luisella Boni,moglie del regista D’Anza,infermiera-segretaria molto ambiziosa,forse troppo.Un ottimo sceneggiato “Melissa”,uno dei migliori di quel fantastico periodo RAI,con le puntate che scivolano via velocemente stuzzicando lo spettatore che non vede l’ora che inizi la prossima per capirne un po’ di più.Ultima nota sulla sigla musicale che con i grandi ascolti dell’epoca portava spesso la stessa in vetta alle classifiche di vendita,qui interpretata dalla bravissima italo-americana Connie Francis,scritta dallo stesso D’Anza per le musica di Fiorenzo Carpi immenso autore del secondo novecento,dal titolo “Regent’s Park”,il parco di Londra dove viene ritrovata Melissa la prima vittima di questo bellissimo giallo. (12/1/2024)